Il mondo della politica è storicamente rinomato per essere un club esclusivo per uomini.
Basta sfogliare un libro di storia per notare come le figure femminili scarseggino e siano relegate a ruoli subalterni, all’ombra degli uomini.
Fino alla metà degli anni ’60 del 1900 la politica non era considerata nemmeno un argomento che le donne potessero trattare o semplicemente comprendere. Con il Sessantotto le donne iniziarono a ritagliarsi uno spazio nella società e per fare ciò una tappa fondamentale era proprio riappropriarsi del discorso politico, dando una voce ai propri diritti .
Molte in Italia le donne che hanno combattuto in prima linea e occupato in maniera pionieristica cariche politiche di rilevanza. Tra queste ricordiamo Nilde Iotti, prima donna nella storia dell’Italia repubblicana a ricoprire una delle tre massime cariche dello Stato, la presidenza della Camera dei deputati, incarico che detenne per quasi 13 anni e per ben tre legislature; Rossana Rossanda giornalista, scrittrice e dirigente del PCI negli anni cinquanta e sessanta e cofondatrice del quotidiano Il Manifesto. Da menzionare è anche Emma Bonino, una delle figure più importanti del radicalismo liberale italiano dell’età repubblicana, nonché figura importantissima per il femminismo italiano. Ha ricoperto moltissime cariche istituzionali, sia a livello nazionale che europeo, oggi leader del partito Europa+, è da sempre stata parte fondamentale nella lotta per i diritti delle donne, tra cui il diritto all’aborto e l’abolizione delle mutilazioni genitali femminili.
Le donne e la politica in Italia
Esempi di estrema rilevanza quelli appena riportati, ma purtroppo ancora esigui, in particolare in Italia. Nel corso degli anni la condizione delle donne in politica è sicuramente migliorata, ma i passi da fare sono ancora molti. Le donne, infatti, occupano solo un terzo delle cariche politiche nazionali e meno di un quinto di quelle locali, il che dimostra quanto sia lontana l’agognata parità numerica ed evidenzia un limite nella rappresentanza degli interessi e diritti specifici alla condizione di donna.
Operazioni volte all’implementazione della partecipazione politica delle donne sono state portate avanti nel corso degli anni: nel 1993 furono introdotte nelle elezioni locali e nazionali le quote di genere, dichiarate però illegittime due anni dopo da una sentenza della Corte Costituzionale; le quote di genere sono state re-introdotte nel 2004 a livello europeo e nel 2012 a livello nazionale. Oggi le donne occupano il 36% della Camera e il 35% del Senato, una percentuale sicuramente in aumento, soprattutto mettendola a paragone con le 21 donne che fecero parte dell’Assemblea Costituente, ma ancora non sufficiente per affermare che il gender gap sia stato colmato.
Se nella politica italiana le donne hanno ancora un ruolo di secondo piano, in campo europeo queste ultime ricoprono posizioni importanti. Ricordiamo a tal proposito Ursula von Der Leyer, Presidente della Commissione Europea, o ancora Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea. La scelta di due donne a capo dei più importanti organismi europei è un segnale molto importante, che vede l’Unione Europea andare in una direzione di maggiore inclusione. Sicuramente il genere di una persona e le sue competenze sono due fattori indipendenti, ma la scelta di due donne alla guida dell’Unione Europea è un passo promettente per la conquista della parità di genere.
Le competenze femminili sono risultate efficaci anche in tempi di crisi, come quelli che stiamo vivendo. Molti sono i paesi che, guidati da un governo rosa, stanno avendo successo nella lotta al Covid-19, primo fra tutti la Germania guidata dalla Cancelliera Angela Merkel. La saggezza, l’autorevolezza, la capacità di mediazione e la risolutezza della Cancelliera tedesca, che fin da subito ha indicato la gravità del virus, sono state vincenti per il suo contenimento. Definita da Forbes la donna più potente al mondo, la Merkel è alla guida del suo partito dal 2000 e del suo paese dal 2005.
Molte sono le donne a capo dei paesi del nord-est europeo, tra cui la 34enne Sanna Marin, Primo Ministro della Finlandia. La nuova premier è leader di una coalizione composta da cinque partiti e il suo esecutivo vedrà una maggioranza femminile, con 11 ministre su 18. Molti altri ancora sono gli esempi di donne in posizioni di rilevanza politica: la Presidente norvegese, quella della Nuova Zelanda o ancora del Taiwan o dell’Islanda.
Barriere strutturali come la distribuzione diseguale del lavoro domestico e stereotipi di genere, però, risultano ancora forti fattori deterrenti per l’opportunità e la legittimazione della partecipazione attiva alla vita politica da parte delle donne. Guardare alla rappresentanza di genere in politica è di cruciale importanza, perché questo è l’ambito in cui a livello internazionale si osservano i maggiori divari tra uomini e donne. Secondo il Global Gender Gap Index 2018, solo il 22 per cento del gap tra uomini e donne nell’empowerment politico è stato colmato: la discussione sulla parità nelle opportunità tra uomini e donne passa necessariamente da qui.